L’ansia è una malattia del nostro tempo. Contagiosa e in costante aumento perché la società attuale la “coltiva”: viviamo tutti la sensazione di minacce future che sono presenti ma non sappiamo bene quali siano e se ci riguarderanno davvero, una su tutte il terrorismo. Secondo il saggista Louis Menard, «l’ansia è il cartellino del prezzo della libertà umana» e lo psichiatra Claudio Mencacci, direttore del Dipartimento di neuroscienze del Fatebenefratelli di Milano, conferma: «In passato le paure erano più “normate” e si affrontavano attraverso ritualità collettive. Oggi ciascuno è solo di fronte ai suoi timori e l’ansia cresce e si diffonde: se viviamo in un ambiente ansiogeno più facilmente diventiamo ansiosi».
Una coscienza del problema che però non porta dal medico
Così, accanto alle fobie, per molti il vero problema è un disturbo d’ansia generalizzata quando non addirittura di attacchi di panico, acuti e devastanti, in cui l’ansia sale a un livello parossistico e si teme di morire, di perdere il controllo, di impazzire. «L’ansia generalizzata, come le fobie, compare in genere da giovani o giovanissimi e tende a persistere nel tempo; gli attacchi di panico rapidamente iniziano a ripetersi spesso e non di rado si complicano con l’agorafobia, la paura di trovarsi in spazi aperti o in situazioni cui si ha la sensazione di non avere una via di fuga come, banalmente, stare chiusi in macchina in mezzo al traffico — spiega Bernardo Carpiniello, presidente eletto della Società Italiana di Psichiatria —. I pazienti con ansia generalizzata si rendono conto di avere preoccupazioni eccessive e inappropriate, ma non riescono a venirne a capo e spesso prima di riconoscere di avere un disturbo d’ansia si sottopongono a innumerevoli visite mediche, ipotizzando le più improbabili malattie organiche, tuttora più “facili” da ammettere con se stessi di un problema mentale anche se oggi lo stigma sociale è certamente minore rispetto al passato. La maggioranza di chi soffre di ansia generalizzata prima o poi tenta di curarsi, spesso con il fai da te a base di valeriana, fiori di Bach o simili, con esiti alterni e parziali; se si verifica un evento stressante, però, il precario equilibrio si spezza e si ricorre magari all’ansiolitico, che se mal gestito può creare problemi.
Antidepressivi molto efficaci
«Gli antidepressivi — continua Carpiniello — sono molto efficaci nella terapia cronica dell’ansia generalizzata e anche negli attacchi di panico, dove il trattamento con i farmaci è spesso la prima scelta e la richiesta di aiuto in genere arriva prima, visti gli effetti devastanti della patologia sulla qualità di vita». Rovinarsi il presente pensando al futuro è l’atteggiamento dell’ansioso e come spiega Mencacci: «La sfida è aiutare il paziente a tollerare l’oggi, a spostare il pensiero altrove e su diverse modalità di reazione ai fatti, a vivere le emozioni senza credere che tutto influenzerà il domani. Anche approcci diversi dal farmaco, quindi, sono molto utili: possono aiutare le varie forme di psicoterapia ma anche l’ipnosi, il biofeedback, il training autogeno o alcune tecniche di meditazione e respirazione come lo yoga». Molti pazienti preferirebbero curare l’ansia senza medicine, ma spesso non è semplice come sottolinea Carpiniello: «Detto che i farmaci non modificano il cervello come molti temono e se usati bene, sotto controllo medico, sono spesso assai efficaci, va anche ammesso che molti non accedono ad altrettanto valide psicoterapie perché sono più costose e le strutture pubbliche difficilmente riescono a erogarle per i disturbi d’ansia. Il Servizio Sanitario deve occuparsi prioritariamente delle malattie mentali gravi e l’ansia, per quanto non di rado invalidante, non è considerata tale».
Alcuni disturbi compaiono già a 7-8 anni
I disturbi d’ansia, nel loro complesso, sono la patologia psichica più frequente: si stima che almeno il 5 per cento delle persone soffra di ansia persistente nel corso della vita e le donne hanno un rischio doppio rispetto agli uomini di svilupparla. Due ansiosi cronici su tre soffrono anche di un altro disturbo fra fobia sociale, fobie specifiche o attacchi di panico e i giovanissimi non ne siano immuni. «Le fobie “singole” possono comparire anche attorno ai sette, otto anni — spiega Bernardo Carpiniello, presidente eletto della Società Italiana di Psichiatria —. Anche il disturbo d’ansia sociale è precoce: in genere si sviluppa durante l’adolescenza e lo stesso vale per l’agorafobia. In alcuni casi le fobie specifiche si attenuano o risolvono crescendo, ma in generale senza intervento non si guarisce. Purtroppo molti impiegano anni prima di capire che i malesseri provati in alcune situazioni, che pian piano si eludono sono in realtà disturbi d’ansia».
Genetica, ambiente ed esperienze all’origine dei nostri «allarmi»
Perché alcuni diventano fobici o ansiosi?«Non esiste una causa singola, di certo fobie e ansie nascono da un mix di fattori predisponenti ed esperienze di vita – dice Bernardo Carpiniello, psichiatra dell’università di Cagliari –. Un inadeguato superamento dell’attaccamento alla madre, per esempio, può avere un ruolo: l’attaccamento fisico e psicologico è un fenomeno biologico fondamentale nelle prime tappe di vita e il bimbo deve sentirsi protetto e rassicurato per poter andare oltre e sviluppare un’autonomia, ma se questo processo è “disturbato” da una mamma che trasmette segnali d’ansia, verbali e non, può non completarsi appieno e favorire lo sviluppo di ansie e fobie». Se ogni minimo evento durante l’infanzia crea allarme il bimbo inevitabilmente crescerà ansioso, ma come spiega lo psichiatra Claudio Mencacci talvolta le basi per un futuro “agitato” si possono porre perfino prima, in gravidanza: «Se la madre soffre d’ansia durante l’attesa, l’ormone dello stress, il cortisolo, passa attraverso la placenta e “colpisce” il patrimonio genetico del feto, provocando modifiche epigenetiche (alterazioni del Dna che ne cambiano l’espressione ma non la sequenza, ndr) che predispongono all’ansia». Se le cause sono poco chiare, le conseguenze di fobie e ansie non risolte sono invece ben più note: «L’ansia induce un’infiammazione generalizzata che, a cascata, favorisce malattie cardiovascolari, disturbi del sonno, patologie metaboliche. Inoltre può aprire le porte alla dipendenza dall’alcol visto che molti provano a sedare le emozioni ricorrendo alla bottiglia, e anche alla depressione, spesso associata o conseguente ai disturbi d’ansia: nel caso della fobia sociale, la probabilità di depressione può arrivare fino al 70 per cento», conclude Mencacci.
C’è anche chi teme il burro di arachidi
Le fobie sembrano davvero infinite: c’è chi non riesce a guardare un ombelico senza tremare o chi ha il terrore degli uomini calvi, chi ha un’avversione assoluta per i peli di qualunque sorta, suoi e altrui, o chi ha la fobia del burro d’arachidi per un’irragionevole timore che si attacchi al palato. Le fobie censite sono centinaia e spesso le più insolite sono abbastanza facili da spiegare perché insorgono dopo un evento traumatico: un uomo barbuto con cui si è avuta una brutta esperienza nell’infanzia o che ci abbia spaventato in una favola, un calvo a cui si associa un ricordo negativo e così via. «In questi casi di solito il paziente ha una predisposizione personale all’ansia, poi la fobia si scatena con un evento che fa da “detonatore” e la paura si appunta quindi su una qualsiasi situazione od oggetto che viene collegato al fatto», dice lo psichiatra Bernardo Carpiniello. Da qui la vastità delle possibili fobie specifiche, anche se le più diffuse sono relativamente poche e sono quelle che riguardano gli animali (serpenti, insetti, topi ma anche cani o gatti), le situazioni in cui ci si può trovare come i luoghi chiusi, i ponti o gli elementi naturali come l’acqua.